In questi ultimi due anni, soprattutto a causa della pandemia sanitaria, si è parlato molto di cassa integrazione. Questo istituto, previsto dalla Legislazione italiana, consiste in una prestazione economica erogata nella maggior parte dei casi dell’INPS a favore dei lavoratori sospesi dall’obbligo della prestazione lavorativa, o che lavorino ad orario ridotto.
In questo articolo capiremo i diversi tipi di cassa integrazione e come funziona la rotazione della cassa integrazione.
I diversi tipi di cassa integrazione
Ad eccezione della cassa integrazione in deroga, esistono due tipi di cassa integrazione: la cassa integrazione ordinaria e la cassa integrazione straordinaria. Mentre la prima è attivabile a fronte di eventi transitori non imputabili all’imprenditore o agli operai, come ad esempio intemperie stagionali o crisi momentanea di mercato. La durata massima di questa cassa integrazione è di 3 mesi continuativi, che posso essere prorogati di 3 mesi in 3 mesi fino ad un massimo di un anno.
La cassa integrazione straordinaria può essere disposta nei casi di ristrutturazione, riorganizzazione o riconversione aziendale, casi di crisi aziendale di rilevanza territoriale o settoriale o contratto di solidarietà. L’impresa deve presentare un piano di interventi volto a fronteggiare le inefficienze della struttura gestionale o produttiva e deve contenere indicazioni sugli investimenti e sull’eventuale attività di formazione dei lavoratori. Questa cassa integrazione viene finanziata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Come funziona la rotazione della cassa integrazione?
A causa dell’emergenza COVID19 in cui diverse realtà sono dovute ricorrere all’intervento degli ammortizzatori sociali per ovviare alle stringenti perdite di fatturato causate dalla crisi sanitaria ed economica. Molte realtà aziendali hanno fatto ricorso alla rotazione della cassa integrazione, uno strumento che prevede la “turnazione” dei lavoratori da porre in cassa integrazione. La rotazione tra lavoratori che svolgono le stesse mansioni è un modo per distribuire, in modo uguale tra tutti i dipendenti, le conseguenze derivanti dalla riduzione dell’attività lavorativa.
Chiariamo sin da subito che la normativa non prevede espressamente l’obbligo di porre in cassa integrazione a rotazione i lavoratori, ad eccezione della cassa integrazione straordinaria per la quale è previsto, all’art. 24 c. 3 D.Lgs. 148/2015. Tuttavia, il datore di lavoro è tenuto al rispetto dei principi di non discriminazione, correttezza e buona fede e quindi deve valutare con attenzione i criteri da adottare.
Spesso è necessario un accordo sindacale per regolamentare alcuni aspetti normativi, economici ed organizzativi legati all’utilizzo dell’ammortizzatore stesso. In questa fase, le parti possono stabilire criteri di scelta e meccanismi di rotazione tra lavoratori che, se non rispettati, rappresentano una condotta antisindacale.
E’, altresì, importante evidenziare che durante l’emergenza da COVID19, per motivi di semplicità e snellimento amministrativo, il legislatore ha previsto la possibilità per i datori di lavoro che ricorrono agli ammortizzatori sociali, di omettere l’accordo sindacale con il conseguente esonero formale dall’indicazione dei criteri di scelta e di rotazione dei lavoratori.
Ciò, tuttavia, non si traduce nella possibilità di violare tali criteri da parte dei datori di lavoro, ma solo nell’esonero formale dalla loro individuazione formale nell’accordo sindacale.
Il dipendente sospeso in cassa integrazione ordinaria, in violazione dei predetti principi, senza rotazione con dipendenti addetti alle medesime mansioni, può agire per il risarcimento dei danni, pari alla differenza tra la retribuzione che avrebbe percepito e il trattamento di integrazione salariale.