Quando parliamo di licenziamento pensiamo subito all’interruzione del rapporto lavorativo da parte del datore di lavoro. Le dimissioni sono invece l’atto proprio del lavoratore, che decide di lasciare il posto di lavoro di propria volontà.
Normalmente, le dimissioni vengono date perché il lavoratore ha trovato un impiego migliore, o perché nel rapporto di lavoro il datore di lavoro si è reso inadempiente ad alcuni obblighi contrattuali. Quando si verifica una situazione del genere, il comportamento reiterato da parte del datore di lavoro può portare il lavoratore alle dimissioni per giusta causa.
In questo caso è fondamentale che il lavoratore apponga, come causa delle dimissioni, la giusta causa, perché soltanto questa modalità darà diritto al lavoratore di andare all’INPS per richiedere il trattamento di disoccupazione. Ma vediamo come funzionano nel dettaglio le dimissioni per giusta causa.
Cosa sono e come funzionano le dimissioni per giusta causa
Non è sempre possibile dare le dimissioni con questa modalità, perché la decisione di dare le dimissioni deve essere basata su un comportamento del datore di lavoro talmente grave che non può più consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro. Questo tipi di dimissione ha effetti particolari sia dal punto di vista economico, col riconoscimento di una specifica indennità, che di sostegno al reddito. Il dipendente potrà richiedere il trattamento di disoccupazione come la NASPI o altre prestazioni.
Le dimissioni per giusta causa possono essere presentate se il datore di lavoro non rispetta gli obblighi contrattuali e di conseguenza il dipendente può interrompere il rapporto di lavoro. Sono diversi i casi in cui si può ricorrere a questo strumento.
Elenchiamo i più importanti: il mancato pagamento dello stipendio o, in alcune circostanze, il ritardo nel pagamento delle retribuzioni, il mancato versamento dei contributi previdenziali, le molestie sessuali da parte del datore, il mobbing, la pretesa del datore affinché il dipendente compia atti o condotte illecite, ingiurie del superiore da parte del sottoposto, modificazioni peggiorative delle mansioni, al di fuori dei casi di demansionamento consentiti dalla legge.
Come presentare le dimissioni
Queste dimissioni si possono inviare in due diverse modalità, dal lavoratore in autonomia in possesso del PIN dispositivo INPS o SPID collegandosi sul sito www.lavoro.gov.it, oppure tramite patronati, sindacati o consulenti del lavoro. Entro 7 giorni dalla data di trasmissione del modulo le dimissioni possono essere revocate con le modalità discusse.
Nel caso in cui il datore di lavoro neghi l’esistenza di una giusta causa alla base del recesso del lavoratore, e si rifiuti così di versare l’indennità sostitutiva del preavviso, il lavoratore potrà agire in giudizio per chiedere l’accertamento della giusta causa delle dimissioni, e vedersi riconosciuto il diritto a percepire tale indennità, oltre che per la restituzione dell’importo eventualmente trattenuto a titolo di mancato preavviso.
Il datore di lavoro, invece, oltre a dover corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso, è anche tenuto a versare il contributo addizionale di recesso all’INPS in tutti i casi previsti dalla legge.
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